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November 28, 2023

Violenza ostetrica: cos'è e come evitarla

Ostetricia
Tempo lettura:
4 min.

La violenza ostetrica è un fenomeno che assume diverse sfaccetatture, tutte legate alla salute rproduttiva e sessuale delle donne. Non sempre è semplice riconoscerla e spesso non si hanno le conoscenze per contrastarla. La dott.ssa Irene Cardarelli, ostetrica, ci aiuta a capire meglio e ad acquisire strumenti utili per acquisire consapevolezza.

Pathology
Dr.Jane Cooper
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violenza ostetrica
gravidanza
parto
violenza ostetrica

Che cos'è la violenza ostetrica

La violenza ostetrica consiste in un insieme di atteggiamenti legati alla salute riproduttiva e sessuale delle donne: eccesso di interventi medici, somministrazione di cure e farmaci senza consenso o mancanza di rispetto per il corpo femminile e per la libertà di scelta su di esso.

Questo tipo di comportamenti, su cui il dibattito è aperto da quasi un ventennio e che si ripercuote per tutta la vita delle donne, assume un ruolo particolare, per intensità e durata, durante le fasi della gravidanza, del parto e del puerperio.

Le cinque tipologie di violenza ostetrica

La violenza ostetrica può essere realizzata da tutti gli operatori sanitari che prestano assistenza alla donna e al neonato e può essere di varie forme, catalogate in cinque categorie:

  1. Interventi di routine, ridondanti e con eccessiva medicalizzazione, eseguiti sulla madre e/o sul bambino;
  2. Abuso verbale, umiliazione o aggressione fisica;
  3. Insufficiente disponibilità di attrezzature mediche e strutture inadatte;
  4. Procedure mediche e non eseguite senza aver ottenuto il consenso della donna, quindi in assenza di informazioni complete ed esaurienti;
  5. Qualsiasi forma di discriminazione culturale, economica, religiosa ed etnica

Definizione di violenza ostetrica in ambito giuridico

A livello internazionale la violenza ostetrica viene definita in ambito giuridico per la prima volta nella “Ley Orgánica sobre el Derecho de las Mujeres a una Vida Libre de Violencia” del Venezuela, nel 2007, Articolo 15(13), come:

“appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano, nell’abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione dei processi naturali avendo come conseguenza la perdita di autonomia e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna”.

La Carta dell’assistenza rispettosa della maternità e altri riconoscimenti

Nel 2011 la White Ribbon Alliance, organizzazione per la tutela della salute delle madri e dei neonati, ha redatto la Carta dell’assistenza rispettosa della maternità, disponibile in diverse lingue (tra cui l’italiano), che contiene i dieci diritti fondamentali delle donne durante il parto.

Nel 2015 l’OMS ha sottolineato in una dichiarazione come in tutto il mondo molte donne fanno esperienza di trattamenti offensivi e violenti durante il parto in ospedale.

Nel 2019 un rapporto delle Nazioni Unite ha riconosciuto la violenza ostetrica come una “forma di violenza di natura sistematica e diffusa”, chiedendo misure di compensazione alle vittime e formazione specifica degli operatori sanitari.

Nello stesso anno anche il Consiglio d’Europa ha adottato la prima risoluzione per contrastare la violenza ostetrica, richiedendo ai parlamenti dei singoli Stati di discutere della tutela dei diritti delle donne durante la gravidanza e il parto.

Violenza ostetrica in Italia

In Italia è soprattutto dal 2010 che il binomio sicurezza e umanizzazione ha fatto la sua comparsa più vistosa nella riflessione sul percorso della nascita.

Le “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», sono state approvate dalla Conferenza Stato Regioni del 16 dicembre 2010 e hanno segnato un punto di non ritorno nelle politiche sanitarie riguardanti la gravidanza, il parto e la salute complessiva delle donne e delle loro bambine e bambini nei primi 1000 giorni.

Le linee guida hanno fissato alcuni principi inderogabili, che definiscono la gravidanza e il parto non come una patologia da curare ma come un percorso da accompagnare (salvo casi specifici), garantendo la sicurezza clinica e l’umanizzazione dell’approccio assistenziale.

Ancora oggi in Italia non c'è una legge specifica sulla violenza ostetrica.

L’11 marzo 2016 il deputato Adriano Zaccagnini ha depositato la proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”.

Per supportare l’iter legislativo è nata la campagna #bastatacere che ha raccolto centinaia di testimonianze di donne che hanno vissuto violenze durante il parto.

E' nato poi anche l’Osservatorio sulla violenza ostetrica che continua a raccogliere i dati sull’abuso e la mancanza di rispetto nelle strutture ospedaliere e di sensibilizzare il pubblico e le istituzioni sul tema.

L'importanza di segnalare e come farlo

Specialmente quando il parto è andato bene e si ha tra le braccia il neonato, magari anche per timore o vergogna, nella maggioranza dei casi purtroppo non viene fatta alcuna segnalazione o denuncia dell’accaduto.

Il primo livello di segnalazione della violenza ostetrica, in cui andranno riportati i nomi di chi si è reso protagonista di tali comportamenti e ciò che è successo, con tutti i relativi dettagli, può essere fatta all’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico), un apposito ufficio, presente in ogni ospedale e struttura pubblica, che tra i suoi  compiti ha quello di garantire la piena applicazione del codice di comportamento dei propri dipendenti ed accogliere tutte le segnalazioni degli utenti/pazienti.

Altre modalità di denunciare l’accaduto sono: la sezione del Tribunale del Malato dell’ospedale e la Direzione Generale dell’ASL di riferimento e, se si intende procedere anche per vie penali, si può presentare una denuncia formale ai Carabinieri o tramite il proprio avvocato.

Consigli per vivere con maggior consapevolezza e attivamente l’evento nascita

Partecipate ad un percorso di accompagnamento alla nascita, preferibilmente di coppia: vi darà gli strumenti per poter scegliere ed esprimere il vostro consenso;

Scrivete, con l’aiuto dell’ostetrica di riferimento, il vostro piano del parto (detto anche piano di nascita) che dovrete consegnare al ricovero e dovrà essere allegato alla vostra cartella clinica.

In questo modo sarà messa nero su bianco la vostra volontà, non solo legata al parto ma anche all’assistenza prima e dopo, alla gestione dell’allattamento e del neonato, ai rapporti con gli operatori e i parenti.

Durante la gravidanza, con il bagaglio di informazioni acquisite durante il corso di accompagnamento alla nascita e le idee chiare su “cosa volete e cosa no”, andate a conoscere la struttura ospedaliera che avete individuato, parlate con gli operatori, così da capire se la struttura risponde alle vostre volontà ed è quindi adatta o meno a voi, in tal caso avrete tutto il tempo per cambiare!

E se qualcosa non è andato o non andrà “secondo i piani” non rimanere in silenzio, parlane, chiedi aiuto, condividi, segnalalo. Aiuterà te, aiuterà le altre donne.

Vi auguro una buona Nascita!

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Autore

Irene Cardarelli

La dott.ssa Irene Cardarelli è specialista in Ostetricia e in Psicomotricità in provincia di Brescia. Si dedica al benessere delle donne in gravidanza e nel post partum, oltre che quello dei bambini nelle varie tappe evolutive dal concepimento fino al secondo anno di età.

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