Il Magazine di MediChild

November 21, 2023

Come parlare della morte ai bambini?

Psicologia
Tempo lettura:
3 min.

Parlare della morte ai bambini è qualcosa di molto difficile e molto delicato, per questo può essere utile confrontarci col parere di uno specialista. La dott.ssa Francesca Dini, psicologa dell'età evolutiva, ci da alcune preziose indicazioni al rguardo.

Pathology
Dr.Jane Cooper
Tags:
morte
Emozioni
parlare della morte ai bambini

Parlare della morte ai bambini: come e quando farlo?

Sicuramente parlare della morte non è mai semplice; non lo è per gli adulti e neppure per gli operatori sanitari. La difficoltà aumenta quando bisogna parlare della morte ai bambini.

Il lutto e la morte sono argomenti socialmente poco accettati, che ci fanno sentire impotenti e ci fanno soffrire di una sofferenza spesso non traducibile.

Quando viviamo con dei bambini arriverà il momento in cui sarà necessario comunicare ciò che sta accadendo, considerando che spesso sono i bambini stessi a fare domande.

E qui iniziano i dubbi dei genitori: posso parlare della morte ai bambini? Come posso spiegarglielo senza traumatizzarlo? Come posso comunicarglielo senza iper-proteggerlo raccontandogli “bugie” o false verità?

Qui le risposte possono essere molteplici; a me piace tenere in considerazione alcuni aspetti per aiutarvi a rispondere a queste domande:

1. Gestire prima la sofferenza dell’adulto: per gestione della propria sofferenza di adulto, non si intende né nascondere come ci sentiamo, né mentire rispetto al nostro stato emotivo.

Si tratta piuttosto di prestare attenzione a come esterniamo le nostre emozioni, evitando di trasmettere mancanza di speranza, sensazione di star vivendo una tragedia o di non riuscire a reagire (per esempio non mangiando o non dormendo).

Il messaggio che deve passare, nonostante la sofferenza, è che la vita va avanti!

2. Considerare l’età di sviluppo del bambino

Comprensione della morte da parte dei bambini a seconda dell'età

I bambini comprendono la morte in modi diversi a seconda della fase evolutiva in cui si trovano:

• Età prescolare (3-5 anni): in questa fase i bambini hanno una visione “letterale” del mondo e non comprendono ancora che la morte sia un fenomeno universale, piuttosto pensano che sia un fenomeno reversibile.

In questa fase è utile comunicare al bambino esattamente quello che è accaduto; il Child Development Institute suggerisce che l’utilizzo di spiegazioni che includono l’assenza di normali funzioni corporee può essere utile per non sopraffare il bambino con frasi per lui non comprensibili.

Con bambini di questa età o anche un po' più grandi è possibile utilizzare storie come “la stella in cielo” o “i cicli della natura” per far comprendere e assimilare meglio il concetto di morte.

• Età scolare (6-10 anni): in questi anni i bambini sanno che la morte è definitiva, ma non la vedono come possibile nelle loro vite.

In questa fase i bambini potrebbero volere risposta a molte domande, e qui le spiegazioni è bene che siano chiare, sincere, reali e brevi. Si può partire chiedendo al bambino stesso cosa sa della morte e andare insieme a trovare delle informazioni plausibili.

• Preadolescenza (10-13 anni): qui il concetto di morte è completamente sviluppato.

I ragazzini in questi anni necessitano di intimità, supporto e comprensione per poter assimilare la notizia e le informazioni (essendo che ne comprendono chiaramente e senza filtri il contenuto).

• Adolescenza (14-18 anni): questa fase di sviluppo è caratterizzata da un’intensa attivazione emotiva, grande sensibilità e reattività, caratteristiche che rendono la fase di lutto totalmente diversa da quella vissuta dal bambino, ma diversa anche da quella dell’adulto.

In modo delicato è bene indagare il rapporto che c’era con la persona defunta e in base al tipo di legame aspettarsi reazioni emotive di maggiore o minore sofferenza.

Stare vicino all’adolescente e aiutarlo a imparare la tolleranza della sofferenza è fondamentale in questa fase.

Regole generali e imprescindibili per gestire la morte a qualsasi età

Osservare poche semplici regole può auitarci a gestire una situazione difficile come quella di parlare della morte ai bambini, ma le stesse indicazioni in realtà sono valide a qualsiasi età.

  • Essere sinceri sulla morte: dire bugie pensando di diminuire la sofferenza, rischia di aumentare l’insicurezza e il disagio. Piuttosto che mentire è meglio rispondere “sai, non lo so neanche io. Possiamo informarci o accettare che non ci sia una risposta a questa domanda”.
  • Essere concreti e chiari: ripetere con pazienza una spiegazione più volte, che sia chiara, breve e semplice.
  • Osservare le emozioni del bambino: se il bambino è scosso, modulare la comunicazione di conseguenza, dando supporto emotivo. A volte un abbraccio vale di più di tante risposte.
  • Essere precisi: chiamare le cose con il proprio nome permette di comprendere, dà sicurezza e la sensazione al bambino di potersi fidare.
  • Accogliere: mostrarsi empaticamente connessi nella sofferenza, che sia comprensibile e non eccessiva e quindi fuorviante per il bambino.
  • Dare e prendersi tempo: specialmente i bambini più piccoli potrebbero esaurire le domande alla prima risposta fornitagli, ma questo non toglie che possano tornare sull’argomento anche dopo un po' di tempo. È importante esserci anche in questi momenti, chiedendo al bambino se ha ulteriori dubbi.
  • Rendersi sempre disponibili all'ascolto.
  • Creare un momento per salutare la persona defunta: che sia al funerale o in un momento intimo creato ad hoc, è importante che i bambini e i ragazzi abbiano la possibilità di salutare (anche in modo figurato o immaginativo) la persona che non c’è più, come a chiusura di un cerchio.

What innovative computing technologies does American Portwell Technology provide for advanced medical imaging applications?
At Portwell, we provide three different categories of technology for medical imaging applications.
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Autore

Francesca Dini

La dott.ssa Fracesca Dini è psicologa specializzata nell'età evolutiva e nei diturbi del neurosviluppo. Si occupa di parent training e supporto alla genitorialità, oltre che di supporto psicologico e terapeutico in ambito familiare, in infanzia, in adolescenza e per l’età adulta. Iscritta ll'Ordine degli psicologi e delle psicologhe delle Marche al n. 3369.

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